«Ha esaltato gli umili» (Lc 1, 52). Lo sguardo di Dio Padre si posò sull’umile indio messicano Juan Diego, che arricchì con il dono della rinascita in Cristo, della contemplazione del volto della beata Maria Vergine e della sua collaborazione per l’evangelizzazione del Continente Americano. Da ciò si evince quanto siano vere le parole con le quali l’Apostolo Paolo illustra la pedagogia divina nel realizzare la salvezza: «quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1 Cor 1, 28-29). Questo beato, a cui la tradizione assegna il nome di Cuauhtlatoatzin, che significa «aquila che parla», nacque verso l’anno 1474 a Cuauhtitlan, presso il Regno di Texcoco. Già adulto e unito in matrimonio, abbracciò il Vangelo e, insieme alla moglie, venne purificato dall’acqua del Battesimo, proponendosi di vivere alla luce della fede e secondo gli impegni assunti davanti a Dio e alla Chiesa.
Nel mese di dicembre dell’anno 1531, mentre era in cammino verso Tlatelolco, sul colle chiamato Tepeyac, vide apparirgli la vera Madre di Dio, che lo inviò a chiedere al vescovo di Città del Messico di edificare un tempio sul luogo dell’apparizione. Il sacro Presule, ascoltate le richieste dell’indio, gli chiese una prova evidente dello straordinario evento. Il 12 dicembre, la beatissima Vergine Maria si manifestò di nuovo a Juan Diego, lo consolò e gli comandò di recarsi in cima al colle Tepeyac per raccogliere e riportare dei fiori. Nonostante il freddo dell’inverno e l’aridità del luogo, il beato trovò fiori bellissimi, che pose nel mantello e portò alla Vergine. Ella gli ordinò di consegnarli al vescovo come prova della verità. Di fronte a lui, Juan Diego aprì il mantello e lasciò cadere i fiori. In quel momento nella tessitura del mantello apparve, mirabilmente impressa, l’immagine della Vergine di Guadalupe, che fin da allora divenne centro spirituale della nazione.
Costruito il tempio in onore della «Regina dei cieli», il beato, spinto da grande devozione, lasciò ogni cosa e dedicò la vita a custodire quel piccolo santuario e ad accogliere i pellegrini. Percorse la via della santità nella preghiera e nella carità, attingendo forza dal convito eucaristico del nostro Redentore, dal culto alla Madre del Redentore, dalla comunione con la santa Chiesa e dall’obbedienza ai sacri Pastori. Tutti coloro che lo conobbero ammirarono lo splendore delle sue virtù, soprattutto della fede, della speranza, della carità, dell’umiltà e del disprezzo delle cose terrene.
Juan Diego osservò fedelmente il Vangelo nella semplicità della vita quotidiana, accettando la sua condizione di indio, pienamente convinto che Dio non opera discriminazioni di razza o di cultura, ma invita tutti a diventare suoi figli. In questo modo il beato rese più facile la via dell’incontro delle etnie indigene del Messico e del Nuovo Mondo con Cristo e con la Chiesa. Fino all’ultimo giorno della vita camminò con Dio, che nell’anno 1548 lo chiamò a sé. Il suo ricordo, sempre associato all’apparizione della nostra Signora di Guadalupe, attraversò i secoli e raggiunse diverse regioni del mondo.
Dal Decreto del Papa Giovanni Paolo II
Nel mese di dicembre dell’anno 1531, mentre era in cammino verso Tlatelolco, sul colle chiamato Tepeyac, vide apparirgli la vera Madre di Dio, che lo inviò a chiedere al vescovo di Città del Messico di edificare un tempio sul luogo dell’apparizione. Il sacro Presule, ascoltate le richieste dell’indio, gli chiese una prova evidente dello straordinario evento. Il 12 dicembre, la beatissima Vergine Maria si manifestò di nuovo a Juan Diego, lo consolò e gli comandò di recarsi in cima al colle Tepeyac per raccogliere e riportare dei fiori. Nonostante il freddo dell’inverno e l’aridità del luogo, il beato trovò fiori bellissimi, che pose nel mantello e portò alla Vergine. Ella gli ordinò di consegnarli al vescovo come prova della verità. Di fronte a lui, Juan Diego aprì il mantello e lasciò cadere i fiori. In quel momento nella tessitura del mantello apparve, mirabilmente impressa, l’immagine della Vergine di Guadalupe, che fin da allora divenne centro spirituale della nazione.
Costruito il tempio in onore della «Regina dei cieli», il beato, spinto da grande devozione, lasciò ogni cosa e dedicò la vita a custodire quel piccolo santuario e ad accogliere i pellegrini. Percorse la via della santità nella preghiera e nella carità, attingendo forza dal convito eucaristico del nostro Redentore, dal culto alla Madre del Redentore, dalla comunione con la santa Chiesa e dall’obbedienza ai sacri Pastori. Tutti coloro che lo conobbero ammirarono lo splendore delle sue virtù, soprattutto della fede, della speranza, della carità, dell’umiltà e del disprezzo delle cose terrene.
Juan Diego osservò fedelmente il Vangelo nella semplicità della vita quotidiana, accettando la sua condizione di indio, pienamente convinto che Dio non opera discriminazioni di razza o di cultura, ma invita tutti a diventare suoi figli. In questo modo il beato rese più facile la via dell’incontro delle etnie indigene del Messico e del Nuovo Mondo con Cristo e con la Chiesa. Fino all’ultimo giorno della vita camminò con Dio, che nell’anno 1548 lo chiamò a sé. Il suo ricordo, sempre associato all’apparizione della nostra Signora di Guadalupe, attraversò i secoli e raggiunse diverse regioni del mondo.
Dal Decreto del Papa Giovanni Paolo II